Camper e caravan: question time
Chiacchierando con utenti che hanno approcciato da poco il mondo del caravanning – quindi non neofiti totali – capita che mi senta fare domande su temi tecnici che chi pratica da tanti anni dà per scontati, ma che tali sicuramente non sono. Proviamo a vederne alcune, più precisamente tre.
In cosa si differenziano gli impianti caravanistici da quelli camperistici?
Come è evoluto il mobilio dei veicoli ricreazionali con lo scorrere dei decenni?
Il dispositivo antisbandamento delle caravan è un’invenzione recente?
Quindi un bel terzetto di domande alle quali cercherò di dare qualche risposta per quello che è nella mia esperienza personale di appassionato; lo scopo rimane sempre lo stesso, ovvero di stimolare la curiosità ed avviare uno scambio di opinioni ed esperienze.
In cosa si differenziano gli impianti delle caravan da quelli dei camper?
Gli impianti, in linea di principio, potrebbero essere identici: per esempio in quello idraulico l’acqua parte comunque da un serbatoio, viene pompata nei circuiti utilizzando motori a 12 Volt e poi finisce scaricata in un contenitore apposito; stessa cosa anche per gas e elettricità. Col tempo però si sono imposte alcune linee di tendenza tipiche per tipologia di veicolo.
Direi che la differenza più marcata è proprio nell’impianto IDRAULICO, dove tendenzialmente abbiamo un approccio completamente diverso: curiosamente non si tratta solo di serbatoi, dove è intuitivo che le esigenze della sosta fuori struttura abbiano spinto il camper verso disponibilità di – relativamente – grandi quantità di acqua pulita e altrettanta necessità di serbatoi per contenere gli scarichi fino al momento nel quale sia possibile smaltirli. Altrettanto intuitiva è la necessità del rimorchio di ridurre il più possibile i pesi non utili a fronte dell’uso più diffuso, ovvero la sosta in strutture attrezzate: ovvio quindi che i serbatoi siano di minore capienza, mobili e – soprattutto – vuoti durante il viaggio.
Le differenze non si fermano però ai serbatoi. In un camper è presente una pompa a pressostato che mantiene l’intero impianto in pressione: aprendo un rubinetto, del tutto analogo a quello di casa, la pressione nel circuito cala facendo intervenire il pressostato della pompa che spingerà l’acqua verso l’utenza.
In una caravan l’impianto non è in pressione quindi la pompa (ad immersione) è attivata da un interruttore presente nel rubinetto, che di conseguenza è specifico per il caravanning e non analogo a quello di casa. Sicuramente l’uso nel camper risulta più simile a quello a cui siamo abituati, a scapito però di una pompa molto più pesante e costosa e di tubatismi e raccordi più complessi e atti a resistere alla maggiore pressione.
Nella caravan invece l’esperienza d’uso è più distante da quella domestica e necessita di un po’ di attenzione nell'uso perché è più facile rimanere senz'acqua a causa dei serbatoi meno capienti: è anche vero che l’impiego è meno intenso rispetto al camper perché di solito si utilizzano i servizi del camping. La differenza principale tra i due impianti, ovvero le tubazioni in pressione o meno, fa anche sì che alcuni accessori come lo scaldaacqua siano diversi perché disegnati a misura dell’impianto nel quale vanno inseriti.
Per curiosità riporto alcuni altri tipi di impianto idraulico: nelle caravan per uso residenziale troviamo a volte impianti creati per essere collegati alla rete idrica, quindi del tutto analoghi a quelli casalinghi; all’estremo opposto invece i vecchi impianti per caravan di 50 anni fa, dove l’acqua veniva pompata con il piede utilizzando una pompetta a membrana di gomma simile nel principio alle pompette da materassino.
Nei van di costruzione tedesca in passato si trovava spesso la soluzione con pompa ad immersione, quindi “tipo caravan”: un esempio classico erano i van Westfalia. Nei camper specialistici per raid in territori “selvaggi” spesso sono presenti due impianti: uno per usi generali nei quali mettere acqua facilmente reperibile e a volte non potabile e uno piccolo per acqua potabile che, in caso di necessità, viene riempito anche con le bottiglie che si acquistano in negozio.
Un breve cenno alla TOILETTE: in passato la distanza tra i diversi veicoli era notevolissima, perché quasi tutti i camper avevano una tazza fissa che, mediante una valvola, scaricava in un capiente serbatoio delle “acque nere”, mentre nella caravan non c’era nulla per cui ci si attrezzava con porta potti indipendenti o, più semplicemente, con secchi dotati di ciambella (questa era la soluzione che usavamo nella nostra caravan a fine anni ‘70).
Qui il tempo ha comportato un avvicinamento delle soluzioni, tanto più che ormai la sola differenza – quando c’è – sta nel risciacquo che nei camper spesso attinge dal serbatoio del mezzo, mentre nella caravan spesso troviamo un serbatoio dedicato; il pompaggio avviene in modo elettrico o, quasi solo su caravan, con pompa manuale a pistone.
Anche nell’impianto ELETTRICO si è arrivati ad un avvicinamento tra le due tipologie di mezzo, mentre in passato c’era una certa distanza. Un camper aveva un impianto simile a come lo conosciamo adesso, a meno di pannello solare e inverter che allora non erano disponibili, quindi un cablaggio con tensione 12 Volt in continua servito da una batteria servizi, con trasformatore-raddrizzatore per le rare volte che ci si allacciava alla rete 230 Volt. In una caravan invece si trovava spesso il doppio cablaggio, 12 Volt in continua collegato alla presa del gancio e 230 Volt in alternata per quando ci si allacciava alla rete: questo significava avere, per esempio, plafoniere miste con due lampadine (una per ogni impianto) e un pacco batterie (6+6 Volt) per far funzionare la pompetta dell’acqua.
Al giorno d’oggi sia i camper che le caravan hanno impianti molto simili: i cablaggi sono a 12 Volt, a meno di quello che serve il frigorifero trivalente, la corrente di rete viene trasformata e raddrizzata da un alimentatore; nei camper è presente spesso una o più batterie servizi e uno o più pannelli solari, oltre all’inverter per poter alimentare utenze a 230 Volt anche in viaggio, mentre tutta questa parte spesso manca nelle caravan perché si suppone che si fermino solo occasionalmente fuori dai campeggi.
L’impianto del GAS per decenni è rimasto sostanzialmente identico tra i vari tipi di veicolo, eccezion fatta per i polivalenti Westfalia che montavano riscaldatori alimentati dal carburante del mezzo e quindi avevano solo un collegamento diretto tra bombola e fornelli. A più riprese si è tentato di equipaggiare i camper con serbatoi fissi riempibili alle pompe di GPL dei distributori: il problema è sempre stato non tecnico ma fiscale, essendo la tassazione del GPL da autotrazione molto più favorevole a quella per uso civile. È vero che il GPL per autotrazione è molto più sporco di quello delle bombole e quindi tende a otturare gli ugelli delle utenze, ma ultimamente sono disponibili filtri che riducono di parecchio questo problema.
Comunque, vista anche la poca chiarezza normativa (differente tra paese e paese) di fatto tra caravan e camper l’impianto a gas rimane sostanzialmente identico e basato su bombole intercambiabili e ricaricate dall’azienda produttrice.
Come è evoluto il mobilio dei veicoli ricreazionali con lo scorrere dei decenni?
Qui parliamo indifferentemente di camper e caravan, visto che non c’è una sostanziale differenza tra le due tipologie di VR. Chiaramente negli anni c’è stata un’evoluzione in senso stilistico, sulla quale non c’è troppo da dire perché l’evoluzione del gusto nei decenni è una cosa difficilmente valutabile con l’occhio dei “posteri”; personalmente ritengo che non tutte le innovazioni stilistiche abbiano avuto una ripercussione positiva perché per me l’aspetto funzionale è preponderante e poi sono molto legato ad un’immagine romantica del campeggio. In altre parole penso che un mobilio lucido tenda a sembrare sporco in misura maggiore rispetto ad uno goffrato, così come penso che un ambiente ristretto come quello di un VR sia più adatto a toni chiari piuttosto che a toni scuri, che lo rendono visivamente più piccolo e soffocante; inoltre una finitura in legno e colori naturali secondo me si sposa meglio con lo spirito del campeggio rispetto alle finiture da “loft” che vedo meglio in un contesto urbano e residenziale (sì, lo so, sono un romanticone del campeggio!!).
L’evoluzione più interessante però si è avuta nelle metodologie costruttive, dove si è data sempre più importanza alla semplicità costruttiva per contenere i costi, rispetto alla validità tecnica delle soluzioni adottate. Tanti anni fa, infatti, i mezzi potevano contare su meccaniche molto poco prestanti sia in termini di potenza che in termini di guidabilità: questo tanto per i motorizzati che per le trattrici dei rimorchi. Giocoforza si dovevano ridurre i pesi ed il mobilio si è sempre preso una quota parte rilevante della massa in gioco; ecco che trovavamo arredi semplici in tamburato e/o mobili con telai in legno e pannelli di compensato a riempire, magari di forma curva in modo da evitare difetti di planarità troppo evidenti.
TAMBURATO
È costituito da due fogli di compensato incollati su un telaio perimetrale di legno, al fine di ottenere in pratica un pannello vuoto all'interno. Per aumentare la resistenza del pannello nella parte centrale vuota si aggiunge una carta impregnata strutturata ad alveoli.
Con gli anni, e con il progredire della prestanza dei mezzi, pian piano questo tipo di costruzione raffinata e leggera è stata soppiantata dall’uso di multistrato “nobilitato”, ovvero rivestito sui lati con fogli impregnati di resina melaminica e finito sullo spessore del taglio da profili in plastica o da strisce incollate analoghe al rivestimento; in qualche caso, in zone poco visibili, ho visto utilizzare anche truciolare o MDF nobilitato al posto del compensato.
TRUCIOLARE
Sono pannelli in fibra di legno composti di trucioli risultanti dallo scarto delle normali lavorazioni del legno. I trucioli vengono impastati con materiali leganti e quindi pressati per produrre i pannelli; i pannelli ottenuti possono essere di diversi tipi a seconda del tipo di truciolo. Alle colle possono inoltre essere addizionati agenti idrofobizzanti, fungicidi, ignifughi, ecc.
MDF
È l’acronimo di Medium Density Fibreboard, cioè pannello di fibre (di legno) a media densità (tra i 500 e gli 800 kg/mc): si tratta in pratica di un pannello costituito da fibre di legno finissime legate tra loro da particolari collanti, che rendono il tutto estremamente compatto.
Questo tipo di costruzione è molto semplice da produrre e dà l’impressione di essere molto robusto, ma in realtà è molto meno raffinato e lo scotto che si paga a livello di peso è molto elevato; se qualcuno ritiene che abbia un po’ esagerato, provi a sollevare certi tavoli che vedo in camper e caravan, oppure ad immaginare il peso di piani di lavoro in cucina che sono spessi anche fino a 3 centimetri. Aggiungo che anche guardando a realizzazioni artigianali, che dovrebbero privilegiare l’accuratezza e la raffinatezza dell’esecuzione, trovo più o meno la stessa tendenza che vedo nel prodotto industriale.
Ora si iniziano a vedere timidi segnali d’inversione di tendenza, per esempio mi riferisco alla soluzione adottata da Knaus sulla Travelino, dove si è recuperata la costruzione in tamburato, affiancandola anche alla nuova tecnologia degli schiumati strutturali EPP (Expanded PolyPropylene) ai quali vengono fissati con tecnologia a ultrasuoni i punti di ancoraggio.
Inoltre già da qualche anno Volkswagen propone sui suoi polivalenti California allestimenti con mobilio in alluminio nobilitato con pellicole in tinta: anche in questo caso la soluzione è molto pregevole (con la controindicazione della facilità di ammaccamento) ma anche in questo caso, come nel precedente della Travelino, i prezzi al pubblico non sono troppo abbordabili. Insomma, per dimagrire si deve spendere, come per gli esseri umani!
Comunque c’è solo da sperare che si continui per la strada dell’innovazione di prodotto perché, a parità di capacità del veicolo, personalmente preferisco portare peso come attrezzatura per i miei hobby piuttosto che come legno senza nessuna funzione strutturale.
Il dispositivo antisbandamento delle caravan è un’invenzione recente?
No, assolutamente. La necessità di stabilizzare il rimorchio era molto sentita agli albori del caravanning di massa per un motivo molto banale: le trattrici erano leggere e poco potenti ragion per cui i rimorchi, leggeri ma carichi dell’equipaggiamento necessario alle vacanze, tendevano a sbandare molto più di quelli attuali. I motivi quindi erano legati al peso e alla scarsa potenza dell’auto ma anche ai telai delle caravan, più primitivi, alla sezione e qualità degli pneumatici e all’impatto aerodinamico: questo era molto maggiore a causa delle ridotte dimensioni in altezza e larghezza della maggior parte delle macchine: a parte i furgoni e i fuoristrada, infatti, tutti i veicoli stentavano ad arrivare al metro e mezzo di altezza e a poco più di larghezza.
Quindi il problema dello sbandamento era ben sentito, anche più di adesso; mi ricordo i trasferimenti autostradali di quand’ero bambino, il treno era di ottimo livello per l’epoca visto che avevamo una pesante berlina Volvo 144 di 2 litri di cilindrata accoppiata ad una caravan Dethleffs Nomad 525, ma il carico era … enorme perché portavamo con noi una quantità di masserizie impensabile: nonostante la velocità di crociera di 80 km/h, ogni sorpasso da parte di corriere o camion innescava l’inevitabile scodinzolamento.
La tecnologia dell’epoca quindi proponeva già gli stabilizzatori, però erano di tipo molto diverso rispetto ad oggi: si trattava di ingombranti ed antiestetiche strutture che venivano fissate alla pipa del gancio e, mediante un paio di braccetti, al telaio della caravan. Il concetto era quella di mettere un sistema smorzante analogo a quello dell’asse ruote, quindi dotato di ammortizzatori e molle: il tutto funzionava decorosamente, ma a prezzo di una complicazione non indifferente nelle manovre di aggancio e sgancio rispetto ai sistemi attuali che si basano sulla pressione di ferodi sulla testa d’aggancio.
Erano poi abbastanza diffusi anche gli spoiler da fissare al tetto dell’auto, in modo da creare un flusso aerodinamico che attutisse l’impatto dell’aria sulla parete anteriore della caravan: erano venduti principalmente per ridurre i consumi, ma davano un contributo anche alla riduzione degli inneschi dell’effetto pendolo.
In conclusione
Con tre domande abbiamo fatto un bel giro nel tempo ma anche nella tecnica dei nostri mezzi: come vedete le soluzioni sono sempre tante e non è detto che quelle che sono standard di mercato oggi lo siano anche nel futuro, o siano comunque le migliori (o perlomeno le migliori per gli utenti). Come sempre sarebbe interessante conoscere anche il parere di altri utenti “di lungo corso”, nell’ottica di far crescere la cultura media nei confronti dei mezzi che utilizziamo.