19 Giugno 2023 Lunedì
Ieri abbiamo concluso il nostro cammino di Santiago. È stata un’esperienza molto gratificante, che come accennato all’inizio, la sua descrizione esula da questo diario. Ma chiunque voglia saperne di più, magari per programmare il suo eventuale “Camino”, può contattarmi o direttamente o tramite Vacanzelandia.
La giornata di ieri è trascorsa in serenità, a salutare tutti gli amici conosciuti in quel viaggio, a riposarci, ed a inebriarci per il risultato ottenuto. Stamani rientriamo con i piedi sulla terra, e per terminare al meglio questa esperienza, ci concediamo due tappe conclusive, anche se supportate dal nostro amato camper.
Lasciamo quindi il campeggio e ci dirigiamo a FINISTERRE (E), La sosta, come già avvenuto in un altro viaggio, è doppia: la prima è in Corso la Coruna, in uno dei tanti parcheggi al lato della strada (per chi volesse c’è un area di sosta attrezzata alle coordinate N42.91071 W9.26336 completa di tutti i servizi). Da qui facciamo una passeggiata per il centro di Finisterre. È già la terza volta che veniamo, ma questo posto ci attrae molto ed è sempre piacevole arrivarci. Dopo andiamo direttamente al faro e al suo parcheggio N42.88628 W 9.27190. Come le altre volte troviamo molti camper parcheggiati, ma il posto è ampio e non abbiamo problemi. Passiamo un po’ di tempo passeggiando sulle rocce a picco sul mare; ci sono molti pellegrini qui, che a differenza di noi hanno fatto il tragitto a piedi per concludere questa esperienza come gli antichi pellegrini. Ci mettiamo anche a conversare con loro e a scambiarci impressioni. Più tardi riprendiamo il camper per andare in un sito dove non eravamo mai stati ma che mia figlia, nelle numerose volte che era venuta in Spagna, non aveva mai omesso di visitare, e di cui ci parla un gran bene: MUXÍA (E).
In paese c’è un parcheggio anche adatto alla sosta dei nostri mezzi, ma noi andiamo direttamente al parcheggio del santuario della Vergine della Barca, sulla punta di questa penisola (N43.11220 W9.21928). Il parcheggio è proprio accanto al santuario, a ridosso della scogliera direttamente sul mare.
Già al nostro arrivo ci rendiamo conto che questo è davvero un luogo magico. Il promontorio è di grande suggestione: ci sono enormi pietre, levigate e arrotondate dal movimento incessante del mare e del vento ed una chiesa, costruita a poche decine di metri dall’oceano: il santuario de la Virgen de la Barca. Numerose sono le leggende attorno a queste pietre e al Santuario, legate a San Giacomo ed anche a riti magico-religiosi precristiani.
Le origini della chiesa risalgono al secolo XI, anche se l’aspetto attuale è del XVIII secolo.
Secondo la tradizione, in questo luogo San Giacomo stava un giorno pregando affinché le popolazioni di quella zona cessassero di essere ostili alla sua predicazione. Mentre pregava scorse una barca che si avvicinava: a bordo c’era la Madonna che rincuorò l’apostolo dicendogli che le sue preghiere erano state esaudite, che il suo compito in quei luoghi era ormai esaurito e che quindi doveva ritornare a Gerusalemme. La Madonna regalò una sua immagine a San Giacomo che costruì in quel luogo un piccolo altare attorno al quale fu edificato poi il santuario.
La notte di Natale del 2013 un fulmine provocò un incendio che produsse gravi danni: il più rilevante fu la distruzione completa del retablo dietro l’altare maggiore, completamente in legno. Nel maggio 2015 furono effettuati i lavori di restauro, sostituendo il retablo con un dipinto che ne riproduce fedelmente l’originale.
Ma anche le pietre levigate della scogliera hanno la loro leggenda, in quanto sin da tempi antichissimi state oggetto di culti pagani. In particolare quelle definite “oscillanti”, che stanno in un equilibrio tale che l’applicazione di una forza anche minima fa sì che si muovano o che oscillino. Alcune di loro hanno una importanza prevalente in considerazione della loro forma e dimensione. Ci facciamo trascinare anche noi dalla tradizione, e ci mettiamo alla ricerca di questi monumenti della natura.
La pedra de abalar (pietra che balla). Ha una circonferenza di 30 metri, uno spessore fra i 15 e i 30 cm e una lunghezza di m 8,70 e un peso di 8 tonnellate. Data la sua forma si dice che fosse lo scafo della barca della Madonna. È una pietra oscillante: se una persona vi sale sopra e si muove la pietra “balla” producendo un cupo suono.
In Galizia si dice che la pietra balla quando vuole, che talvolta non si muove anche se più persone vi salgono sopra, o anche che talvolta balla da sola: questo è un presagio di disgrazie. Un signore del posto, che ci vede ballare su di essa, ci racconta che un tempo vi si facevano salire sopra gli accusati di reati: la pietra che non si muoveva era testimonianza di colpevolezza. Ci racconta anche che una volta, quando alcuni ladri si introdussero nel santuario per rubare arredi sacri, la pietra iniziò a ballare producendo un rumore così forte da attirare l’attenzione dei muxiani che riuscirono a sventare il furto. Sempre dal suo racconto apprendiamo che nel dicembre 1978 se ne ruppe un pezzo durante un furioso temporale. Di nuovo a gennaio 2014 durante un altro temporale la pietra scivolò un poco e se ne ruppe un altro pezzo.
C’è poi la pedra dos cadrís o dos riñones (pietra dei reni), che ha la forma di un rene: le si attribuiscono proprietà curative. Secondo la leggenda costituiva la vela della barca della madonna, mentre la pedra do timón era invece il timone.
Si è ormai fatta sera, e come alcuni camperisti nostri vicini, ma anche di altre persone venute direttamente dal paese, dopo una cena veloce, ci rechiamo a sederci sulle pietre levigate, e ci mettiamo ad osservare lo spettacolo del sole che tramonta.
È uno spettacolo di intensa serenità, che scalda l’anima e che si fa fatica a distaccarsene senza aver atteso che anche l’ultimo raggio di sole sia sparito dietro la linea dell’orizzonte.
Questo è davvero uno di quei posti da non perdere.
20 Giugno 2023 Martedì
Stamani, prima di partire decidiamo di andare a visitare il paese di Muxia. Dal promontorio dove ci troviamo parte una bella strada pedonale che porta direttamente in centro. Questa si chiama “Il percorso del Percebes"; e dai cartelli esplicativi che troviamo lungo la strada, scopriamo che Muxia è il posto per eccellenza dove si pesca questo raro mollusco che si chiama appunto Percebes e di cui ignoravamo l’esistenza. Questo animaletto si trova esclusivamente in Portogallo, Galizia, e Marocco del Nord, in quanto il suo habitat prevede la presenza di scogli battuti da forti marosi. Non si pesca dalla barca, ma viene prelevato, con tanto di piccozza e martello, direttamente sullo scoglio. È il mollusco più caro al mondo, comprato al di fuori di questi paesi, può arrivare anche a costare 180 euro al Kg, costo dovuto anche alla difficoltà di pesca. La cosa ci incuriosisce, e quando arriviamo in paese abbiamo ormai deciso di assaggiarlo. Il prezzo al ristorante è abbastanza caro, ma dato che abbiamo la fortuna di possedere un camper, decidiamo di acquistarne un kg in pescheria e cucinarlo poi in camper.
Dopo la nostra passeggiata in paese, e dopo essere rientrati alla base, cuciniamo questo mollusco. Va portata ad ebollizione una pentola di acqua dove poi va introdotto l’animale per circa un minuto e poi tolto. Questa manovra serve per ammorbidire il carapace, così che sia possibile, tramite una leggera rotazione, sfilare il mollusco dal suo guscio. Noi lo gustiamo così in bianco, con un po’ di limone e olio, e devo dire che è squisito, con un leggero retrogusto simile ad un gamberetto, ma assolutamente da provare.
Nel pomeriggio partiamo per il lungo trasferimento verso PORTO (E), dove nostra figlia deve riprendere l’aereo per rientrare in Italia, mentre noi proseguiremo ancora con un po’ di vacanza. Parcheggiamo nuovamente al solito parcheggio presso la metro, che domani nostra figlia prenderà per l’aeroporto per tornare a casa a Roma.