Il Carso sloveno e oltre
Ecco la seconda parte del viaggio in camper di Daniele G. e Anna, amici di Vacanzelandi@, che ci descrivono uno dei più affascinanti paesaggi naturali che caratterizzano il territorio della Slovenia: il Carso.
Il diario di viaggio continua dalla pagina precedente
- seconda parte -
4 agosto
Prima di arrivare a Caporetto (SLO), ci dirigiamo sulla sponda destra dell’Isonzo dove si trova la Cresta del Kolovrat (quota 1114), dove l’esercito italiano dispose durante la Prima Guerra Mondiale il sistema della terza linea di difesa. Oggi vi si trova un museo all’aperto che si estende per le vecchie trincee. Sono stati ristrutturati i posti di comando e di osservazione, le postazioni di mitragliatrice e di mortaio, le caverne e le trincee.
Cresta del Kolovrat
Si parcheggia in un ampio slargo alle coordinate N46.18630 E13.66054; qui accanto c'è anche un piccolo ufficio informazioni, che fa anche da bar, dove è possibile prendere materiale illustrativo della zona.
Durante la visita di questo museo all’aperto possiamo osservare i panorami della valle isontina, del M. Nero con il M. Rosso ed il Mrzli vrh.
Da qui passa il sentiero Pot Miru, e sul colle, a quota 1114, c’è il timbro, in stile cammino di Santiago, dove chi passa di qui può timbrare il proprio quaderno di viaggio.
Devo dire che il posto è veramente interessante e ci fa immergere in un modo dimenticato. La visita ci porta via un paio di ore abbondanti, ma ne valeva la pena.
Sentiero Pot Miru
Arrivati a Kobarit - Caporetto (SLO) ci sistemiamo al Kamp Koren (N: 46,2495 E: 13,5870) piccolo e grazioso camping appollaiato sulla riva orientale della Soca, che si raggiunge con il camper attraversando lo spettacolare ponte di Napoleone; il ponte vecchio fu costruito nel 1750, dove più tardi vi passò l’esercito di Napoleone e per questo ne prese il nome. Il ponte si chiama Ponte napoleonico. Il ponte vecchio fu costruito nel 1750. Più tardi vi passò l'esercito di Napoleone perciò ne prese il nome. Durante la Prima Guerra Mondiale, gli Austriaci in ritirata fecero saltare in aria il ponte. Gli Italiani lo ricostruirono prima in legno, poi in ferro.
Durante la Seconda Guerra Mondiale i partigiani vi istituirono un posto di difesa del territorio liberato. Oggi vi si trovano due lapidi commemorative.
Sbrigate le formalità e pranzato in camper, decidiamo di concludere la giornata con la visita alla cascata di Kozjak.
Dal retro del camping parte il sentiero che porta direttamente alla cascata raggiungibile in poco più di un'ora superando una passerella sospesa sulle acque della Soca; poi, con l'aiuto di altre passerelle si entra nell'antro dove, illuminata dai raggio di luce del sole, la colonna d'acqua della cascata si tuffa nelle acque verdi di un laghetto.
La cascata ha scavato una specie di sala sotterranea, il cui fondo è inondato da una specie di laghetto verde azzurro, mentre le pareti sono ricoperte di strati calcarei.
E’ un immagine che lascia senza fiato dalla meraviglia. Qui si riuniscono molti locali, ed anche gli ospiti del campeggio, per fare il bagno in queste acque gelide. Il paesaggio è da laguna blu e le foto non possono descrivere lo stupore della scena.
L’ultima parte del sentiero è scivoloso, e anche il numero di persone non rende agevolissimo il percorso, consiglio scarpe adatte, comunque niente di impegnativo.
Siamo rimasti molto a crogiolarci da questa immagine, tentati di tornare in campeggio a prendere i costumi, ma alla fine il dover rifare la strada ci ha fatto desistere.
Sulla via del ritorno dalle cascate troviamo a sinistra una deviazione verso l'alto che ci porta alle opere di fortificazione della Prima Guerra Mondiale. Un nido di mitragliatrici ed un posto di osservazione si trovano in posizione dominante ed a breve distanza si scorge pure una caverna in buono stato di manutenzione addossata al versante montuoso e facente parte della serie di rifugi disposti lungo il sistema difensivo circolare. La gran parte di questi è ormai ricoperta di terra. Dall'alto del posto di osservazione si può godere di un bellissimo panorama che spazia su gran parte del sentiero storico di Kobarit (SLO) che faremo nella giornata di domani.
Le cascate di Kozjak
5 Agosto
Oggi faremo l’itinerario storico di Caporetto (SLO). E’ questo un percorso a piedi di circa 5 Km, ad anello, che ci farà toccare alcuni monumenti storici del luogo (le guide lo danno per un tempo di 4-5 ore).
Si parte sempre dall’uscita posteriore del campeggio, per il sentiero che avevevamo preso ieri per le cascate, ma si attraversa prima di queste il Soca, tramite un ardito ponte sospeso che ci induce subito a fare numerose fotografie.
Ponte sospeso sul Soca
La prima parte del sentiero è tranquilla e non presenta problemi, si abbandona la sponda del Soca e si passa attraverso un sentiero tracciato dalle vecchie trincee, ma attraversata la strada statale che si incontra ad un certo punto, questo diventa molto ripido, scavato nella roccia, con scalini molto alti tra loro. Il sentiero sarebbe anche molto bello dal punto di vista paesaggistico, ma la fatica ci fa accorgere poco di quello che abbiamo intorno.
Itinerario storico di Caporetto
Comunque, dopo una bella sudata, arriviamo alla vetta del colle che domina Kobarit. Qui Si trova il Castello di Tonocov, che le guide riportano come uno tra i più importanti insediamenti tardoantichi delle alpi orientali.
Grazie alla sua posizione di difesa naturale, ha accolto nei vari secoli insediamenti risalenti ad epoche diverse. Oggi ci sono diversi ruderi di edifici in ottimo stato di conservazione, con una bella cisterna che vale da sola la visita. Il panorama della città sotto di noi è affascinante e ci attardiamo un po’ a fare foto e riprendere fiato.
Il resto del sentiero, che ci riporterà verso Kobarit, è tutto in discesa, e lo affrontiamo senza particolari problemi.
Arriviamo infine sul Gradic, dove è costruito l’Ossario italiano ad arcate concentriche che racchiudono la chiesa di S. Antonio. Se vi si arriva dalla strada principale, ai margini vi si notano le stazioni monumentali della via crucis.
Questo Ossario venne inaugurato nel settembre 1938 da Benito Mussolini. Costruito a forma di ottagono con tre cerchie concentriche degradanti verso la sommità, dove si erge la chiesa di S. Antonio consacrata nel 1696. Vi furono tumulati i resti di 7014 combattenti italiani, noti ed ignoti, caduti durante la Prima Guerra Mondiale e prelevati dai vicini cimiteri militari.
Chiesa di S. Antonio
Accanto vi è anche un piccolo museo, ad ingresso gratuito, con materiale raccolto da privato che merita davvero una visita.
Dopo aver mangiato un boccone al sacco, usufruendo del tavolo con panchine messo a disposizione dei visitatori del museo, scendiamo dalla strada principale per arrivare al centro di Kobarid.
Oggi è un tranquillo paesino di montagna Kobarid, ma non era così nel 1915, tanto meno lo era iI 24 ottobre de 1917, quando ebbe inizio l'apocalisse e la disfatta dell'esercito italiano. Il pensiero non può non correre al racconto di Ernest Emingway e al suo libro di Addio alle Armi.
Non c’è molto da vedere nel centro, ma indispensabile è sicuramente la visita al Museo di Kobarit, premiato nel 1993 come migliore museo d'Europa.
L’ingresso al museo costa 5 € (aperto dalle 09 alle 18), e la prima cosa che guardiamo è la proiezione di un film di 20 minuti (con la maggior parte di filmati originali dell’epoca) che viene trasmesso anche in italiano, ben fatto, che fa immettere subito nelle vicende che portarono a quei tristi avvenimenti.
Il museo si divide in una Mostra permanente dove sono allestite numerose carte geografiche che rappresentano i fronti aperti in Europa durante la prima guerra mondiale e le modifiche dei confini politici apportate a guerra finita. Vi sono esposte bandiere, ritratti di combattenti di svariate nazionalità e le pietre tombali recuperate nei cimiteri militari dell’Alto Isonzo.
Museo di Kobarit
Anche le sale di Kobarid del primo piano (n. 1, 2, 3) sono dedicate a questo tema: vi è rappresentata la millenaria storia di Kobarid che fu al centro di molteplici guerre. In queste sale ci sono molte informazioni anche sul castello di Tonocov visitato in mattinata. La collezione dedicata al fronte isontino è esposta nella Sala del Monte Nero, nella Sala bianca, nella Sala delle retrovie, nella Sala nera ed al secondo piano con la caverna, che sono anche le più emotivamente impattanti.
La sala del Monte Nero rappresenta il periodo iniziale degli scontri lungo l’Isonzo avvenuti dopo l’entrata in guerra dell’Italia del 24 maggio 1915. La prima vittoria degli alpini italiani fu quella della conquista della cima del Monte Nero (2244 m) strappata ai difensori ungheresi. La sala bianca ha per tema le sofferenze patite dai soldati che fecero la guerra in alta montagna sotto la neve per ben ventinove mesi. Al duro ambiente delle montagne carsiche si aggiunsero le difficoltà dovute agli inverni in cui lo spessore della neve fu di cinque, sei e più metri. La sala delle retrovie descrive la zona delle retrovie del fronte isontino, diventata un vero e proprio formicaio di centinaia di migliaia di soldati ed operai dislocati lungo la linea compresa tra il Rombon ed il golfo di Trieste. Nella Sala nera, la sala del monito, si conclude la descrizione della guerra di posizione protrattasi per 29 mesi lungo l’Isonzo. Gli eventi di cui furono teatro le montagne dopo la conquista del M. Nero, è rappresentata dai ritratti degli alpini immersi in preghiera prima di andare in battaglia, dalla porta d’ingresso di una prigione militare italiana, dall’affusto di un cannone abbandonato su una rovina di sassi e rottami di ferro e dalle fotografie disposte nella parte superiore a rappresentare gli orrori della guerra. E' davvero toccante ed emozionante.
Al secondo piano è esposto il materiale riguardante l’evento conclusivo del fronte isontino, la dodicesima battaglia dell’Isonzo, nota con il nome di battaglia di Caporetto. Le unità scelte tedesche ed austro-ungariche lanciarono il 24 ottobre 1917 una controffensiva, cogliendo di sorpresa il comando italiano, nel territorio montuoso dell’Alto Isonzo. Esse non conseguirono soltanto la vittoria, bensì spostarono anche le operazioni belliche all’interno dello stato italiano. I preparativi di quest’offensiva sono qui documentati. Una riproduzione plastica di 27mq che rappresenta l’Alto Isonzo su scala 1:5000 illustra la portata di quest’operazione mentre gli spostamenti e gli schieramenti delle unità combattenti sono riprodotti su grandi carte geografiche.
Museo di Kobarit
Ultima emozione è la riproduzione sonora della lettera scritta al padre da un soldato collocato nella “caverna italiana” scavata sul massiccio del M. Nero. Il contenuto della lettera e l’accompagnamento musicale costituiti dalla popolare canzone “stelle alpine” toccano nel vivo e non lasciano privi di sensazioni meditando sui disagi e sofferenze vissute dai soldati di ambedue gli schieramenti.
La caverna
Prima di ritornare al campeggio ci fermiamo a visitare anche il vicino Museo del formaggio, di cui 2,5 € di ingresso buttati via. C’è solo la proiezione di un filmato, con sottotitoli in italiano, che spiega la locale produzione del famoso formaggio Tolminc. Niente assaggi o mostre di vecchi strumenti di lavorazione, solo qualche foto alle pareti.
In compenso dall’altro lato della strada c’è il supermercato dove vendono anche questo tipo di formaggio con tutti i suoi derivati, ed è qui che scopriremo essere il posto meno caro e con più scelta di tutta il nostro viaggio in Slovenia.
Rientriamo al campeggio passando a piedi per il ponte di Napoleone che già avevamo percorso in camper.
Siamo abbastanza cotti, doccia, cena veloce e a nanna.
6 agosto
Lasciamo Caporetto (SLO) e percorriamo la strada che porta al passo del Vršič. Tra Kobarid (SLO) e Bovec (SLO) (ex Plezzo) la strada inizia a salire di quota, con rocce appuntite sulla sinistra e il Soca a destra: procediamo con attenzione per via delle curve e del molto traffico di turisti che viaggiano con canoe al seguito per praticare rafting sul Soca.
Dopo aver attraversato Trnovo ob Soci (SLO) e Most Boka (SLO) arriviamo a Bovec (SLO). Distrutto durante la Prima Guerra Mondiale, oggi è diventato un centro con una ricca offerta offerta turistica con diversi camping e una nuovissima area di sosta (6 € per 24 h, corrente e scarico-carico incluso) collocata nei pressi della stazione della funivia del Kanin, che unisce il comprensorio sciistico del versante sloveno con quello italiano di Sella Nevea, ed è qui che noi andiamo a parcheggiare (N46,3328 E13,5386).
L’idea è quella di andare sulla forcella del Monte Forato (Presteljenik) tramite l'ovovia che parte a 100 mt dalla sosta camper. Dopo aver pagato il biglietto di parcheggio alla macchinetta, ci dirigiamo alla biglietteria della funivia.
Sorpresa...la funivia è chiusa ed un cartello indica che tale rimarrà fino a data da stabilirsi!
Dopo aver lanciato qualche improprio per aver pagato 6 € di parcheggio per niente, riprendiamo il camper, e decidiamo, prima di abbandonare la zona, di fare una piccola deviazione di pochi km per andare a visitare la Fortezza Kluze. Edificata dai veneziani nel 1420, distrutta dai francesi nel 1797, ricostruita dagli austriaci un secolo più tardi, è uscita intatta dalla prima guerra mondiale, tanto da poter essere riutilizzata nella seconda.
Il parcheggio davanti alla fortezza, praticamente inesistente, è già pieno di molte macchine messe anche sul ciglio della strada, per cui torniamo indietro di un centinaio di metri, parcheggiando alle coordinate N46.35917 E13.589732, in uno spiazzo utilizzato da chi poi scende sulle rive della Soca a fare rafting.
Visitiamo l’interno, che per la verità non ci entusiasma minimamente, molto meglio dall’esterno, il prezzo del biglietto potevamo risparmiarcelo.
Fortezza Kluze
Una tabella esplicativa indica il modo di inerpicarsi fino alle rovine del Forte Hermann, che invece fu distrutto dai bombardamenti italiani.
Decidiamo di affrontare la camminata, che viene indicata in circa 1,5 Km. La strada è facile, non presenta difficoltà, ed anche molto suggestiva in quanto passa attraverso una galleria di 150 metri, scavata nella roccia.
Arriviamo in breve al Forte Hermann. La fortezza, ultimata nel 1900, costituiva lo sbarramento di Bovec (SLO) insieme alla Fortezza di Kluze. Fu pesantemente bombardata dagli italiani durante la guerra, è già i primi giorni venne distrutta.
Non c’è molto da vedere, ma vale la pena di arrivare quassù per l’imponenza della costruzione e per la strada di accesso, che offre scorci spettacolari sulla fortezza in basso e sul panorama circostante.
Ridiscendiamo al camper, riprendiamo il nostro viaggio verso il passo Vrsic.
Risaliamo la valle disseminata di fattorie con i tetti coperti di scandole, attraversando i minuscoli villaggi di Soca (SLO) e Trenta (SLO) (in questo ultimo paese ci sarebbe anche un museo, il centro informativo del parco e il giardino botanico Alpinum Juliana, noto ai naturalisti di mezza Europa).
Le case con i tetti a scandole
Lungo la strada che fiancheggia il fiume, troviamo frequenti slarghi che ci invitano a fermarci per godere del paesaggio, ed in alcuni casi, ad avventurarci su passerelle aeree a picco sul corso del fiume dove ci ritroviamo a farci foto come dei bambini.
Prima di affrontare i 25 tornanti della spettacolare strada per il passo Vrsic (Moistrocca), il più alto di Slovenia, prendiamo la deviazione che in un paio di chilometri ci porta nella zona dove nasce la Soca. (N: 46,40817 E: 13,72808).
Le coordinate si riferiscono ad un parcheggio di un ristorante da dove parte il sentiero per la sorgente; piccolo e sempre abbastanza affollato, ma comunque ci sono molti slarghi sulla strada che permettono di parcheggiare il camper senza grosse difficoltà.
Partendo dal rifugio, le sorgenti sono segnalate a 15 minuti, l'escursione è relativamente breve, ma il sentiero prima sale, poi continua con corde e catene fisse come una ferrata, sempre più impegnativo ed esposto.
Sorgenti del Soca
Non c’erano indicazioni all’inizio del sentiero, ma non è un percorso facile. Ci vogliono scarpe idonee, non è possibile portarsi dietro un cane, ed anche con i bambini bisogna fare molta attenzione. In alcuni punti in alto addirittura la ferrata, per passare, ci spinge a buttarci fuori con il corpo con comprensibile timore.
Ma passato questi momenti, il premio che ci aspetta è dei più suggestivi.
La zona della sorgiva è un colpo d'occhio impressionante, quasi da vertigine: uno spacco nella roccia, come l'ingresso di una grotta, con una pozza di acqua dalla trasparenza impressionante, che lascia vedere una sorta di pozzo semi verticale senza fondo visibile.
Non abbiamo mai visto un’acqua dalle trasparenze come questa, viene voglia di toccarla o tuffarsi nella pozza per godere appieno della sua limpidezza.
Per la discesa decidiamo di percorrere per un breve tratto il letto del fiume, in questo punto asciutto perché l’acqua passa sotto terra, per evitare la parte della ferrata a sbalzo.
Il percorso è sicuramente più agevole e il resto è ordinaria amministrazione.
Ritornati al rifugio ci fermiamo a mangiare qui una "go juha" (zuppa di funghi) e una birra, mentre mia moglie assaggia una trota dell’Isonzo. Tutto veramente buono.
Riprendiamo il camper alla volta del Passo Vrsic. La salita è tosta (pendenza tra il 9 e il 15 %) e ad ogni tomante si ammira una scenografia montana che toglie il respiro.
Arrivati in cima al passo parcheggiamo lungo la strada, accanto alle numerose macchine e camper che vi si trovano.
Il panoramico Passo Vrsic (1611 m) è un luogo molto frequentato dai viaggiatori diretti (o provenienti) da Kranjska Gora e Bled e dagli appassionati di montagna. Infatti, da questo belvedere si staccano numerosi sentieri e percorsi escursionistici all'interno del Parco del Triglav.
Noi ci limitiamo a fare due passi e qualche foto del posto, e anche qualche risata, trovando un branco di pecore che brucano direttamente sull’asfalto.
Passo Vrsic
Ripartiti, iniziamo la discesa verso Kranjska Gora (SLO). Anche la discesa non scherza, forse peggio della salita perché i tornanti sono in pavé e le pendenze sempre molto sostenute. In alcuni punti neanche con la seconda riesco a frenare il camper che tende a scappare, e ci vuole addirittura la prima per non scendere attaccato ai freni.
Arriviamo a Kranjska Gora (c’è un’area di sosta dotata di circa 30 posti con relativa elettricità, a 500 metri dal centro, presso gli impianti di risalita), il maggior centro sloveno per gli sport invernali, sede di gare di Coppa del Mondo. Nel piccolo centro pedonale svetta la chiesa tardogotica; tra gli edifici più antichi c'è la Casa di Lizniek, risalente a tre secoli fa e sede del museo etnografico locale. Ci fermiamo poco tempo, poi riprendiamo il camper e andiamo a fermarci per passare la notte a Mojstrana (SLO), al camping Kamne (N46.4644 E13.9572). Abbiamo la fortuna di assistere alla sera ad una festa in costume organizzata dal campeggio, con assaggio di prodotti locali. Un simpatico intermezzo.