Lo scalogno di Romagna ha ottenuto il riconoscimento di “Indicazione Geografica Protetta” (I.G.P.) nel 1997. Le zone di produzione sono in provincia di Ravenna (Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo), di Forlì (Modigliana, Tredozio) e di Bologna (Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castelguelfo, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano).
Le origini probabilmente risalgono all'antica città della Palestina (era chiamata Ascalone di Giudea), da cui si pensa provenga il nome (Allium Ascolanicum).
La riproduzione dello scalogno, con rotazione di 5 anni sullo stesso terreno, avviene piantando i bulbilli, in quanto la pianta non produce né semi né fiori, questo consente il mantenimento del contenuto genetico che ormai perdura da circa 3000 anni, data indicativa della sua esistenza citata da testi romani. Lo scalogno aveva già un largo impiego in cucina in età medievale, ora trova ampio utilizzo in varie ricette grazie al suo sapore morbido, aromatico e garbato.
Lo scalogno di Romagna I.G.P. si riconosce, oltre che dal marchio comunitario, da un cartellino che riporta in alto la scritta “Scalogno di Romagna” e sotto un'immagine stilizzata del prodotto con uno scorcio della cittadina di Riolo Terme, dove in questa località nel mese di luglio, dopo la raccolta dello scalogno, si tiene una fiera ad esso dedicata.
Si presenta come un bulbo di forma regolare a fiaschetto, il cui peso varia dai 5 ai 25 grammi, ha una buccia coriacea.
N.B.: lo scalogno che si trova in maniera più diffusa nei negozi e supermercati è una varietà più grande e più dolce di quello di Romagna IGP.